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E’ un nuovo boom di comunicazioni commerciali scorrette che riempiono scaffali e campagne di comunicazione.

L’influencer marketing

Mi sono imbattuta qualche giorno fa proprio su instagram in un influencer che promuoveva nella sua cucina l’uso di una pasta enfatizzando oltre modo l’artigianalità della stessa.

Incuriosita come sempre, decido di approfondire la storia dell’azienda e mi imbatto in ciò che non avrei voluto vedere.

Azienda assolutamente industriale, produzioni in grandissime quantità e sopratutto assenza di chiari riferimenti a fasi artigianali ( produzione, trafilatura, confezionamento).

Il vuoto legislativo

Assodata la necessità di informare il consumatore con veridicità e lealtà di informazione, tuttavia appare con estrema chiarezza l’assenza totale di normazione.

Inoltre l’etichettatura non deve “suggerire che il prodotto alimentare possieda caratteristiche particolari quando tutti i prodotti alimentari analoghi possiedono caratteristiche identiche”.

La circolare

Sulla base di queste indicazioni, vediamo ora cosa significa e com’è regolamentato dalle norme il termine “artigianale” che spesso compare scritto sull’etichetta di alcuni prodotti alimentari. La circolare del Ministero delle Attività Produttive n. 168 del 10 novembre 2003, alla lettera F) così si pronuncia: “Prodotti artigianali. Nella commercializzazione di taluni prodotti artigianali, quali le paste alimentari di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 187/2001, talvolta viene fatto con una certa enfasi riferimento alla “produzione artigianale”, come se si trattasse di una garanzia di qualità organolettica, nutritiva o sanitaria superiore. L’uso di diciture quali “lavorato a mano” e simili è ingannevole quando soltanto alcune fasi secondarie e collaterali della produzione sono effettuate a mano. Nel comparto delle paste alimentari, ad esempio, le diciture “lavorato a mano” e simili potranno essere apposte unicamente qualora le fasi di impasto, trafilatura, taglio ed essiccazione della pasta siano state effettuate in tutto o per la maggior parte a mano e non anche quando la manualità abbia riguardato unicamente fasi secondarie come lo svuotamento dei sacchi di semola, il riempimento delle tramogge, il dosaggio degli ingredienti o il confezionamento. […]  È vero che l’uso di diciture concernenti le caratteristiche del metodo di produzione costituisce una garanzia fornita al consumatore sul metodo, ma non si traduce, di regola, anche in un aumento della qualità del prodotto finito in termini di caratteristiche ingredientistiche, nutrizionali, chimico- fisiche, organolettiche ed igienico-sanitarie.

Conclusioni

Delle metodologie artigianali viene fornito un elenco, non esaustivo ma di rilievo, nella pronuncia n. 8884 del 9 novembre 2000 dell’Autorita’ garante della concorrenza e del mercato, che si puo’ cosi’ riassumere: la presenza di una struttura organizzativa tipicamente artigianale e/o familiare e’ caratterizzata dal basso numero di addetti e soprattutto dall’incidenza dell’apporto umano e personale nella produzione.

L’azienda artigianale non puo’ cioe’ trasformare la sua qualifica giuridica in un elemento di qualita’ dei prodotti finiti.

Mangiare bene è un diritto informati un dovere

Considerata pertanto l’assenza di riferimenti normativi specifici, ribadiamo l’importanza di leggere ed informarsi prima di concludere acquisiti, ricorrendo ove possibile a strumenti digitali come un sito web aziendale.

Food Chain agri food

Il sud Italia in particolare sembra essersi completamente fermato. L’innovazione al contrario avanza ed entra a far parte della comunicazione aziendale di tante imprese del Nord Italia.

La Blockchain se strutturata con competenza potrebbe aiutare tanti consumatori a comprare con maggiore coscienza e consapevolezza. Etichette narranti che ti portano dentro la filiera nel pieno rispetto di obiettivi europei di sostenibilità.

Grazie

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