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La ricerca esiste in Italia ed è anche fioriera di risultati molto importanti per il futuro dell’agroalimentare.

Si chiama strategia cromosomic e coniuga tradizionali metodi di breeding basati sull’incrocio naturale tra due specie diverse, all’uso di particolari linee mutanti per il gene Ph1 (pairing homoeologous) che controlla l’appaiamento tra cromosomi durante le fasi di produzione del polline e dell’ovocellula.

È quanto prevede il progetto Impresa (finanziato dal Ministero dell’Università e della ricerca) e a cui partecipano l’Enea, l’Università della Tuscia e istituzioni scientifiche di Turchia, Algeria e Tunisia.

Punto di partenza è il fatto che il grano duro sia una coltura alimentare considerata «di importanza strategica per l’Italia e per molti Paesi che si affacciano sul Mediterraneo». «Proprio per questo motivo – chiarisce Debora Giorgi, ricercatrice Enea del Laboratorio Biotecnologie e responsabile del progetto per l’Agenzia – stiamo lavorando con alcuni di questi Paesi per rendere questa pianta più resistente agli stress ambientali, come siccità, alte temperature e salinità del suolo, che a causa dei cambiamenti climatici sono sempre più diffusi, con forti penalizzazioni delle produzioni».

Quanto al metodo seguito, la ricercatrice sottolinea che nei laboratori si sta «cercando di ampliare la base genetica del grano duro, che è stata fortemente ridotta dalla prolungata selezione per tipi più produttivi in condizioni ottimali di coltivazione».

In questa fase diventerà importante il potenziale naturale presente nelle graminacee selvatiche, affini ai frumenti coltivati.

Fonte: Sole24Ore.

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